Introduction 
Philosophy for children:
childhood and children posing questions
 

 

Mariagrazia Contini, Mariangela Scarpini

 

L’educazione ad amare così come a costruire rapporti improntati al rispetto dell’altro, alla cura, alla solidarietà può, e dovrebbe, iniziare molto presto. Già dall’infanzia. Educando i bambini e le bambine a rapportarsi tra di loro; a fare, a farsi e a ricevere domande, a cercare risposte e a sviluppare senso critico insieme agli altri, a scoprire la bellezza dello stare bene insieme, dell’essere felici insieme.

La Philosophy for Children, conosciuta con l’acronimo P4C, si presenta come un’articolata esperienza educativa che prende avvio dalla proposta di un allievo di J. Dewey, Matthew Lipman, professore di logica negli anni Settanta alla Columbia University. Tale proposta è finalizzata all’insegnamento delle abilità di pensiero attraverso un curricolo teso a favorire lo sviluppo del pensiero complesso. Un pensiero considerato nelle sue diverse dimensioni ed in particolare in quelle di pensiero critico, creativo, etico, riflessivo.

La Philosophy for Children, diretta alla realizzazione della possibilità di insegnare a pensare in modo quanto più complesso e problematico, acquista in definitiva le sembianze di uno specifico esercizio del pensiero prospettando una rinnovata chiave d’accesso alla filosofia, non tanto come storia della filosofia, ma come pratica filosofica, nella sembianza del filoso-fare, del fare filosofia, del fare esercizio del pensiero.

Sembra di primo acchito una contraddizione, un ossimoro, quello di avvicinare la parola “fare” che tanto ha a che vedere con tutto è ciò è tangibile, alla filosofia che ha come oggetto di indagine il pensiero, qualcosa che né si tocca, né si vede…

La filosofia dunque, viene riacquistata nel suo senso originario e socratico come disciplina che assume in sé un duplice oggetto della propria indagine da un lato il pensiero stesso e dall’altro il metodo della ricerca filosofica. Quindi la Philosophy for Children “non” è una materia scolastica, è una proposta educativa che prevede il “fare” filosofia con i bambini e le bambine, prefigurando gruppi classe che, progressivamente, tendono a connotarsi come “comunità di ricerca”: sia di conoscenza che di senso. Ricerca su temi fondamentali: dai grandi interrogativi dell’esistenza agli alfabeti dei sentimenti, dalle relazioni con gli altri al confronto pacifico dei diversi punti di vista, all’apprendistato-esercizio di empatia… Ricerca da svolgersi in contesti agevolanti, attraverso il dialogo e il gioco: centrato sul confronto e la reciprocità, su pratiche comunicative tese a interrogare e a interrogarsi.

Indugiare per i sentieri delle domande e delle riflessioni, all’interno di un gruppo di ricerca, prefigura la ridefinizione di alcuni elementi portanti della comunità stessa che, necessariamente, richiama la realizzazione di un cambio di paradigma verso una Community of Inquiry, verso una comunità di ricerca aperta alla possibilità del confronto con, altre diverse ipotesi di interpretazione del mondo, diverse e numerose direzioni logiche e conoscitive… diverse e numerose, spesso tante quanti i componenti della Comunità di Ricerca stessa. È all’interno della comunità, considerata in questi termini, che si offre la possibilità di fare un “intenso allenamento” ad ampio raggio dall’accettazione dell’altro, portatore di punti di vista anche diametralmente opposti al proprio, all’esercizio di modalità di comunicazione creative e non violente, dal “sostare nel dubbio” al “tenere care le domande”. (Rilke R.M., 1980)

È quello che racconta Maité, bambina messicana di 8 anni, quando spiega cosa significa per loro bambini e bambine “fare filosofia”.

«Ero alla scuola materna. La maestra ci aveva detto di portare a scuola i nostri peluche preferiti, quelli con cui andavamo a dormire e la mattina dopo ci ha messi in cerchio, ciascuno col suo peluche in braccio e ci ha invitato a farci domande, l’un l’altro. E noi abbiamo cominciato a dire: ma come è brutto, il tuo peluche, com’è spelacchiato, perché hai portato proprio questo? Più ci dicevamo queste cose e più ci accorgevamo che ci facevano star male, ognuno difendeva il proprio peluche, ognuno ripeteva che non era vero, il suo non era brutto, erano brutti gli altri… Alla fine abbiamo capito che per ciascuno il proprio era bello perché gli era affezionato, gli voleva bene e che quindi non contava come era davvero, ma com’era per lui o per lei; abbiamo capito che anche a un pensiero, si può essere affezionati e che anziché dire che è un brutto pensiero è meglio parlarne e capire perché uno ci è affezionato…» (Contini M., 2016, p. 40)

Ci piace pensare a Maité e ai suoi compagni e compagne di scuola che crescono impegnati in discussioni, quelle sì utili, in cui si confrontano – con i propri e altrui pensieri, con le proprie e altrui emozioni – non per vincere battaglie “contro” qualcuno, ma per alfabetizzarsi in merito al conoscere, al sentire, al comunicare e al confliggere con gli altri, in termini di rispetto e di pace.

Auspichiamo a questo processo di alfabetizzazione che a buon titolo trova casa nella Scuola dell’Infanzia, possa proseguire nei diversi gradi dell’istruzione scolastica. Allora li immaginiamo così Maitè e i suoi compagni, giovani adulti con buone chances di essere consapevoli e responsabili, capaci di amare, capaci di cura.

Nel nostro contesto socio-culturale i bambini e le bambine sono condizionati ad avere e consumare, a perseguire performance di pensiero sbrigativo e di risultato vincente – in termini competitivi – con gli altri, ad adattarsi a modelli di stili di vita improntati all’adultizzazione…

La cura nei loro confronti, l’individuazione e il potenziamento di orizzonti del possibile per tutti i bambini e le bambine – non uno di meno – sono, per chi educa, ineludibili responsabilità: la Philosophy for Children può contribuire a corrispondervi!

In questo Focus si affronteranno tematiche inerenti a partire dal confronto con diversi autori, alcuni dei quali pionieri della Philosophy for Children in Italia.

 

Riferimenti bibliografici

Contini M., Demozzi S., 2016, Corpi bambini. Sprechi di infanzie, Franco Angeli, Milano.

 

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Infanzia, n. 1 gennaio-marzo 2017

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