Introduzione
Sviluppare la riflessività di educatori e insegnanti:
la pratica della video-analisi
Arianna Lazzari
Ricercatrice presso il Dipartimento di Scienze dell'Educazione, Università di Bologna
Il Focus che presentiamo, dedicato al tema della video-analisi come strumento e pratica a supporto della riflessività di educatori di nido e insegnanti di scuola dell’infanzia, raccoglie i contributi di ricerca frutto di un progetto internazionale durato complessivamente tre anni: il progetto TRACKs, finanziato dalla Commissione Europea, tramite il programma Erasmus Azione KA2. Questa specifica azione dei programmi di finanziamento europei al settore dell’istruzione, formazione, gioventù e sport, ha come finalità quella di supportare partenariati internazionali per la sperimentazione e la diffusione di pratiche educative innovative oppure quello di incrementare la cooperazione transnazionale al fine di confrontare e implementare buone prassi esistenti, apprendendo gli uni dagli altri. Uno tra gli elementi più interessanti di questo canale di finanziamento consiste nel fatto che esso richiede, per ogni paese aderente, la partecipazione e la collaborazione fra enti finalizzati alla ricerca e formazione (Università, Centri di Ricerca…), enti territoriali, servizi e scuole, favorendo dunque una buona circolazione delle innovazioni ma anche un circolo virtuoso di riflessione fra gli elementi di matrice teorica e quelli legati alla prassi.
La scelta di concentrare la nostra attenzione sullo studio di nuove strategie a supporto delle professionalità educative viene da molto lontano e contraddistingue uno dei filoni di studio e ricerche del nostro gruppo di lavoro (coordinato da Lucia Balduzzi e composto da Chiara Dalledonne Vandini e da me), che assume come principale ambito di indagine l’educazione e cura dell’infanzia attraverso l’analisi delle prassi e la riflessione didattica in una prospettiva critica e sociale. Molte ricerche di settore evidenziano il ruolo fondamentale dei servizi per l’infanzia quali strumenti per combattere e ridurre le disuguaglianze socio-culturali. Tali studi dimostrano come la frequenza di servizi educativi sin dal prima infanzia contribuisca a promuovere l’acquisizione di quelle competenze trasversali (legate all’area linguistica, logico-matematica ma anche alle dimensioni di comprensione dei contesti e di relazione con essi così come di fiducia in sé e nelle proprie capacità) che favoriscono l’apprendimento in età prescolare, gettando solide basi per il futuro successo scolastico e contrastando così il rischio di abbandono precoce dei percorsi di istruzione sul lungo periodo. I servizi per l’infanzia, inoltre, rappresentano il primo luogo in cui i bambini e le bambine che presentano identità culturali linguistiche multiple possono entrare in contatto fra loro e imparare a conoscersi e a convivere in società connotate da una sempre maggiore eterogeneità. Le medesime ricerche sottolineano, però, che per raggiungere l’obiettivo di combattere le situazioni di svantaggio socio-culturale, i servizi e le scuole dell’infanzia devono proporre un’offerta educativa di qualità, poiché servizi e scuole di scarsa qualità rischiano di esacerbare le disuguaglianze, facendo quelle ‘parti uguali fra disuguali’ contro cui si scagliava Don Milani.
I risultati di ricerca ci dicono anche che un elemento chiave per la qualificazione di tali contesti educativi è la professionalità degli educatori e degli insegnanti che vi operano e che le strategie migliori per promuovere la crescita professionale di questi ultimi risiedano proprio nel supporto offerto da figure di coordinamento, la cui azione è volta a sostenere la riflessività sull’agito quotidiano all’interno dei gruppi di lavoro, favorendo un pensiero critico rispetto all’intenzionalità che lo orienta e lo dirige.
Di qui la scelta di progettare un percorso di ricerca – ma anche di formazione – che avesse come obiettivo prioritario quello di promuovere la consapevolezza di educatori ed insegnanti rispetto all’importanza che rivestono le interazioni tra adulti e bambini, così come fra bambini e bambini, a partire dalla documentazione, dall’analisi e della riflessione sulle modalità attraverso le quali tali interazioni si realizzano nella pratica educativa quotidiana all’interno dei servizi per l’infanzia.
Il progetto TRACKs è stato realizzato all’interno di un partenariato che ha visto la collaborazione di università, enti di formazione e servizi per l’infanzia in tre diversi paesi: Italia, Belgio (Fiandre) e Polonia. I partners impegnati nel progetto sul versante della ricerca e della formazione sono l’Università di Bologna (Dipartimento di Scienze dell’Educazione), la Jagiellonian University di Cracovia (Dipartimento di Sociologia), l’Università di Ghent (Centro di Ricerca sulla Diversità e l’Apprendimento) e l’Arteveldehogeschool. Sul versante della sperimentazione di pratiche innovative sono invece stati coinvolti la Cooperativa Sociale CADIAI di Bologna e il Komensky Instytut di Versavia – quali enti gestori di servizi per l’infanzia che si occupano al tempo stesso della formazione in servizio di educatori di nido e insegnanti di scuola dell’infanzia – insieme al servizio di coordinamento pedagogico comunale della città di Ghent.
Gli obiettivi del progetto
I piani di ricerca e di intervento comuni a tutte le azioni intraprese nei diversi paesi coinvolti sono stati principalmente due: il primo orientato a promuovere una maggiore intenzionalità di educatori e insegnanti nella realizzazione di interazioni di qualità con i bambini ponendo particolare attenzione a quelli in situazione di vulnerabilità sociale; il secondo orientato ad incrementare la consapevolezza e riflessività di tali professionisti, attraverso processi di ri-concettualizzazione ed esplicitazione dei propri valori e delle proprie convinzioni, mettendo a confronto in modo costante e ricorsivo le finalità di servizi e scuole (sul piano delle indicazioni di indirizzo e curricolari) ed il quadro di riferimento educativo adottato rispetto ai temi della povertà e delle differenze. In questo senso, il gruppo di ricerca ha scelto di adottare come quadro teorico di riferimento quello elaborato dal gruppo di ricerca belga, nel corso di un precedente progetto incentrato sul tema della povertà infantile in relazione alle pari opportunità educative (‘Kleine Kinderen, Grote Kansen’). Come illustrato nello studio di caso fiammingo riportato in dettaglio all’interno del Focus, tale quadro teorico è stato concepito col preciso intento di stimolare un atteggiamento meta-riflessivo nei professionisti dell’educazione che operano nei servizi rivolti ai bambini nella fascia 0-6 anni (De Mets, 2018).
Rispetto al primo ambito di intervento, l’osservazione delle interazioni tra adulti e bambini e delle interazioni tra pari permette a educatori ed insegnanti di riflettere attorno a temi centrali nell’educazione e cura dell’infanzia quali: l’instaurarsi di relazioni significative che sostengano lo sviluppo del bambino sul piano affettivo e relazionale, il rispetto della naturale inclinazione dei bambini ad apprendere attraverso attività di esplorazione, gioco e scoperta, la possibilità di esprimersi attraverso differenti linguaggi – verbali e non verbali – in un’ottica proattiva e creativa. È attraverso il secondo ambito di intervento, quello legato alla formazione dei professionisti che si realizza attraverso il metodo del video coaching, che il lavoro osservativo sulle interazioni dei bambini con gli altri bambini e con gli adulti di riferimento diviene lo strumento non solo per riflettere rispetto all’importanza e alle modalità di promozione di prassi maggiormente inclusive ma anche per riformulare e ri-concettualizzare gli assunti impliciti, i valori e le convinzioni che orientano tali prassi, in un’ottica di confronto e scambio tra professionisti. In tal senso, il video-coaching è stato utilizzato all’interno degli studi di caso che compongono il Focus di questo numero della rivista sia come uno strumento riflessivo sia come un dispositivo formativo volto a favorire un apprendimento trasformativo all’interno dei gruppi di lavoro, poiché orientato non solo a dar voce all’implicito e a ri-concettualizzarlo, ma anche ad analizzare le prassi educative per ri-orientarle in una prospettiva inclusiva.
Alcuni dati sul contesto: la formazione iniziale e in servizio di educatori e insegnanti in Italia
In seguito alla recente riforma sulla Buona Scuola (Legge 107/2015; D.L. 65/2017) è stato superato il sistema di scissione tra i servizi socio-educativi e la scuola dell’infanzia creando un sistema educativo integrato dalla nascita fino ai 6 anni sotto la responsabilità del Ministero dell’Istruzione. Tale riforma ha introdotto importanti cambiamenti, soprattutto in relazione alla formazione iniziale degli educatori di nido, e ha aperto nuovi fronti di riflessione rispetto allo sviluppo professionale in servizio di educatori di nido e insegnanti di scuola dell’infanzia.
La formazione universitaria è ora obbligatoria per gli educatori di nido (laurea triennale in classe L-19) come già lo era per gli insegnanti di scuola dell’infanzia (laurea magistrale a ciclo unico in Scienze della Formazione Primaria). Sebbene la durata dei corsi di laurea per la formazione iniziale di educatori e insegnanti sia diversa, la loro struttura segue gli stessi principi guida (Nigris 2004; Balduzzi, Pironi 2017):
- un approccio multidisciplinare basato sul campo delle scienze dell’educazione;
- un curriculum integrato che combina l’apprendimento teorico e l’apprendimento esperienziale (come si evince dall’importanza attribuita ai laboratori e al tirocinio all’interno di tali corsi di studi);
- un forte partenariato tra Università e servizi educativi e scolastici territoriali locali (che si sostanzia nelle attività congiunte connesse al tirocinio formativo).
L’interazione reciproca tra la conoscenza teorica e l’apprendimento esperienziale che caratterizza il contenuto del curriculo di entrambi i corsi di laurea è considerata lo snodo cruciale attorno al quale l’habitus riflessivo di educatori e insegnanti prende progressivamente forma, andandosi a rafforzare ulteriormente durante la formazione in servizio. Lo sviluppo professionale continuo, infatti, è diventato obbligatorio sia per il profilo dell’educatore che per quello dell’insegnante e la responsabilità per l’adempimento di tale obbligo è affidata direttamente alle istituzioni educative e scolastiche all’interno delle quali tali professionisti operano: comuni e cooperative sociali per gli educatori della prima infanzia; comuni e istituzioni statali (Istituti Comprensivi) per gli insegnanti della scuola dell’infanzia.
Mentre esiste un’ampia letteratura che dimostra come la qualità educativa dei servizi per l’infanzia sia strettamente correlata alla competenza professionale di educatori e insegnanti – e come quest’ultima sia il risultato di un processo di formazione continuo – i risultati di tali ricerche mostrano anche che l’offerta di formazione iniziale e in servizio, di per sé, non sia una condizione sufficiente a garantire un’elevata qualità educativa dei servizi (OCSE, 2012). In tal senso, gli esiti dello studio CoRe (Competence Requirement in ECEC) evidenziano che – per migliorare e sostenere la qualità dell’offerta educativa – non solo è necessario un professionista competente, ma anche un sistema competente che contribuisca alla professionalizzazione del personale in relazione alle mutevoli esigenze della società (Vandenbroeck e Urban, 2011). A questo proposito, sono state individuate lacune nella ricerca, soprattutto in relazione al contenuto delle proposte formative, nonché in relazione al loro effettivo contributo nel rispondere alle sfide che i servizi per l’infanzia si trovano oggi ad affrontare (Peeters et al., 2015). Nel contesto italiano, ciò chiama direttamente in causa la funzione dei coordinatori pedagogici e il loro ruolo nel facilitare una progettazione partecipata delle iniziative di sviluppo professionale, collegando le esigenze percepite dai team di educatori e insegnanti con la ricerca e la sperimentazione per il miglioramento delle pratiche educative attuate all’interno dei servizi (Lazzari, Picchio, Musatti, 2013). Gli studi di caso condotti all’interno del progetto TRACKs e presentati in questo numero intendono colmare questo gap nella letteratura facendo luce su come ricerca, formazione in servizio e sperimentazione possano contaminarsi reciprocamente generando un terreno fertile per la crescita professionale di educatori e insegnanti all’interno dei contesti educativi in cui essi operano.
Riferimenti bibliografici
Balduzzi L. e Pironi T. (2017), L’osservazione al nido. Una lente a piu dimensioni per educare lo sguardo. Milano, FrancoAngeli.
De Mets J. (2018), Inspiratieverslag uit de lerende netwerken. Hefbomen naar rijke kansen. De leraar én lerarenopleider maken het verschil. Accessibile in lingua originale sul sito del progetto ‘Kleine Kinderen, Grote Kansen’:
cdn.webdoos.io/kleinekinderengrotekansen/e466dc020df866057bb868df027a1ffb.pdf
Lazzari A., Picchio M. e Musatti T. (2013), Sustaining ECEC quality through continuing professional development: systemic approaches to practitioners’ professionalisation in the Italian context. Early Years, 33(2), 133-145.
Nigris E. (2004). La formazione degli insegnanti. Percorsi, strumenti, valutazione. Carocci, Roma.
Peeters J., Cameron C., Lazzari A., Peleman B., Budginaite I., Hauari H. e Siarova H. (2015), Educazione e cura della prima infanzia: condizioni di lavoro, formazione e qualità dei servizi –Un’analisi sistematica della letteratura. Dublino: Eurofound. Accessibile al link:
www.eurofound.europa.eu/sites/default/files/ef_publication/field_ef_document/ef1469it1.pdf
OCSE (2012) Encouraging Quality in Early Childhood Education and Care (ECEC). Research brief: Qualifications, education and professional development matters. Accessibile in lingua originale:
www.oecd.org/education/school/49322232.pdf
Vandenbroeck M. e Urban M. (2011), “Sistemi educativi competenti cercasi”: esiti e prospettive da un progetto di ricerca europeo. Bambini in Europa, 2/2011, pp. 7-9.
Vuoi acquistare la versione pdf?
Infanzia, n. 2 aprile-giugno 2020